Quando si contrae un finanziamento, il creditore applicherà al capitale prestato un interesse annuo, che rappresenta la sua remunerazione. In realtà, il tasso d’interesse non è l’unico onere che il cliente di una banca o di una società finanziaria dovrà sopportare per ottenere il prestito, in quanto si hanno anche i costi per l’apertura della pratica, di istruttoria, di assicurazione, spese notarili, di incasso, di invio dei bollettini di pagamento a domicilio, etc.
Per questo, il TAN, Tasso Annuo Netto, diverge sempre dal TAEG, Tasso Anno Effettivo Globale come abbiamo spiegato in un articolo pubblicato in passato, con questo che comprende anche i costi diversi dagli interessi. Al crescere dell’entità del prestito, però, la loro differenza tende a diminuire, essendo molti degli altri costi di tipo fisso.
L’ammortamento di un prestito non è altro che la suddivisione del debito da estinguere in un arco di tempo, comprensivo degli interessi e degli altri costi.
Tre sono gli elementi fondamentali per determinare la rata periodica di un prestito o mutuo: il capitale erogato, il tasso d’interesse applicato e la durata del rimborso.
Generalmente, la rata è costante, ossia non varia nel corso del rimborso. Essa è composta da una quota di capitale e da una quota interessi. Le prime rate per il rimborso di un finanziamento comprendono un’alta quota di interessi e una bassa quota di capitale. La ragione è semplice: gli interessi gravano ancora su un capitale da rimborsare pressoché totale, per cui la loro incidenza è alta. Quando avremo finito di pagare la prima rata, dunque, avremo rimborsato una bassissima quota di capitale, poiché ciò che abbiamo pagato è quasi interamente l’interesse.
Al contrario, l’ultima rata sarà composta quasi esclusivamente da capitale e da una quota infima di interessi, perché questi gravano ormai su un capitale da rimborsare minimo.
La scomposizione della rata nelle due quote non è solo teorica, ma rileva, ad esempio, per comprendere l’effettivo capitale ancora da rimborsare a una certa data. Se a un certo punto volessi estinguere il debito anticipatamente, per capire a quanto ammonti il saldo da pagare, bisogna osservare la quota capitale delle rate rimanenti e non sommare semplicemente gli importi totali delle rate rimanenti, in quanto così facendo, calcoleremmo anche gli interessi non dovuti.
Abbiamo supposto sinora che il tasso applicato sia fisso. In realtà, alcuni prestiti, come i mutui immobiliari, prevedono anche l’applicazione del tasso variabile, ossia legato all’Euribor, il tasso di riferimento per l’Eurozona. Questo implica, però, che la rata varierà al crescere o diminuire del tasso, per cui non è costante.
Una variante di questo tipo di finanziamento consiste nel mantenere la rata costante, nonostante il tasso variabile, ma nell’allungare o accorciare la durata del rimborso, a seconda che il tasso aumenti o diminuisca rispettivamente.
Esistono, poi, altre tipologie di ammortamento, come il tasso misto o il tasso variabile con cap. Il primo offre la possibilità al debitore/mutuatario di passare dal tasso fisso al tasso variabile o viceversa, in base alla convenienza del momento e tenendo presenti alcuni paletti temporali prefissati dal contratto.
Il tasso con cap, invece, pone un limite massimo all’aumento del tasso, che non potrà superare una certa percentuale. Quest’ultimo tipo di finanziamento è adatto per quanti vogliano da un lato sfruttare i possibili movimenti dei tassi di mercato nel tempo, ma non vogliano rischiare di pagare una rata eccessiva.