Il prestito è un finanziamento a titolo oneroso, con il quale una banca o una società finanziaria eroga denaro al cliente e in cambio questi s’impegna a rimborsarlo attraverso un piano di ammortamento con rate periodiche, in genere, mensili, comprensive sia del capitale che della quota di interessi gravanti sul finanziamento. Gli interessi rappresentano il costo per il debitore e la ricompensa per il creditore.
Di solito, la rata è costante e il periodo di ammortamento è prestabilito in un certo numero di mesi. Ciò si ha quando il tasso d’interesse è fisso, ossia non varia durante il periodo di ammortamento. Ma sono possibili diverse soluzioni. Per esempio, se si ricorre a un mutuo a tasso variabile, l’importo della rata potrà variare in aumento o in diminuzione nel corso del periodo, in seguito alle oscillazioni dei tassi di mercato.
Il prestito a tasso variabile, infatti, si distingue da quello a tasso fisso per il semplice motivo che il tasso è legato all’andamento dell’Euribor per i paesi dell’Eurozona, ossia che hanno adottato l’euro quale moneta nazionale. La banca o la finanziaria applicano uno spread o margine sull’Euribor per determinare il tasso finale da applicare al prestito del cliente, sulla base del profilo di rischio. Se l’Euribor sale, anche il tasso sul prestito aumenta; viceversa, se l’Euribor scende.
Questo comporta la variazione della’importo della rata, che cresce, se il tasso aumenta; diminuisce, se il tasso cala. Resta fermo, però, il periodo dell’ammortamento. Ma, attenzione: esistono anche soluzioni diverse. Ad esempio, alcuni mutui a tasso variabile offrono la possibilità di mantenere inalterata la rata mensile, mutando il periodo dell’ammortamento. Da ciò ne consegue che se il tasso aumenta, la rata resta costante, ma si allungano gli anni del rimborso. Se il tasso diminuisce, invece, il periodo si riduce. Questa soluzione consente al debitore di non fronteggiare le ripercussioni negative derivanti dall’aumento dei tassi di mercato, in termini di importo della rata da pagare periodicamente.
Tra le altre soluzioni, poi, esiste il tasso variabile con cap, ossia con limitazione massima del tasso applicabile. In sostanza, i tassi potranno crescere solo fino a un certo limite (ad es., 6-7%), per cui se l’Euribor continuasse a salire, non ci sarebbero più effetti sul mutuo.
Inoltre, alcuni mutui a tasso misto consentono al cliente di passare dal tasso fisso a quello variabile e viceversa, a seconda della sua convenienza. Ciò è generalmente limitato a un certo numero di volte durante il rapporto di finanziamento e trascorso almeno un certo periodo dall’ultima data in cui ci si è avvalsi del passaggio.
La domanda delle domande, tuttavia, è: conviene più il tasso fisso o il tasso variabile? La risposta non può che essere la seguente: nel lungo periodo, i due tipi di prestito si equivalgono, altrimenti nessuno sceglierebbe il primo o il secondo. La convenienza è legata ai periodi. Se i tassi di mercato sono calanti, il prestito a tasso variabile dovrebbe risultare preferibile, almeno per la prima parte dell’ammortamento. Se, al contrario, i tassi sono in ascesa, sarebbe preferibile contrarre il prestito a tasso fisso. Ovviamente, negli anni, si registrano ribaltamenti, per cui a un certo punto, potremmo trovarci ad affrontare un rialzo dei tassi, subendo l’impennata della rata, oppure potremmo essere in possesso di un prestito a tasso fisso ben più alto dei tassi di mercato vigenti in calo.
Poiché, però, gli interessi incidono maggiormente sulla prima parte dell’ammortamento, gravando su una quota capitale più alta, sarebbe più conveniente contrarre un prestito a tasso fisso, se al momento dell’accensione del mutuo, i tassi risultano crescere o non scendere più; a tasso variabile, se risultano in calo o non più in crescita.